Il gasdotto NordStream2 e il conflitto nel Donbass. Dal Mar Baltico al Mar Nero, la Russia deve intervenire per porre fine alle tensioni provocate dagli USA.

Spesso scenari o situazioni apparentemente distanti celano connessioni evidenti, ma tali legami vengono nascosti all’opinione pubblica europea per non destare sospetti che comprometterebbero la versione “politicamente corretta” alimentata dalle centrali dell’imperialismo occidentale.
Sono ben 3 i miliardi di dollari che incassano annualmente gli oligarchi ucraini grazie al transito del gas russo verso l’Unione Europea e che potrebbero svanire grazie al completamento del raddoppio del gasdotto Nordstream2. Una cifra notevole che consentirebbe alla Federazione Russa di porre fine alle diatribe con la Naftogaz ucraina. Verrebbe meno per Kiev (cioè per gli Usa) uno degli strumenti di ricatto e pressione verso Mosca. Una corsa contro il tempo ingaggiata dall’amministrazione statunitense per convincere (obbligare?) i tedeschi ad abbandonare Gazprom. Il motivo è prettamente geopolitico, la frattura tra l’Europa e l’Eurasia deve permanere ed ampliarsi, a prescindere da qualsiasi considerazione di natura economica. A tal fine lo Stato Maggiore ucraino sta trasferendo artiglieria pesante semovente verso il Donbass, ovviamente per muovere guerra alle Repubbliche di Donetsk e Lugansk. La rottura diplomatica tra Unione Europea e Federazione Russa, in caso di conflitto aperto e conseguente intervento dell’esercito russo, si amplierebbe a tal punto da compromettere l’attivazione del transito dalla pipeline del Mar Baltico (Forse…). Dopo il tentativo maldestro di incolpare la Russia per il presunto avvelenamento del provocatore A. Navalny, a Washington sono pronti ad una ennesima provocazione di tipo militare per riattivare il conflitto (mai sopito in realtà) nello scenario ucraino. Parallelamente a tali manovre, il 25 Marzo (giorno della “commemorazione” della Repubblica popolare Bielorussa, regime fantoccio sostenuto nel 1918 dalla Germania in funzione antibolscevica) la sig.ra Tikhanovskaya ha “chiamato” i suoi sostenitori – profumatamente pagati con una pioggia di dollari – a manifestare contro il Governo di Minsk. Dal Baltico al Mar Nero potremmo assistere ad una nuova serie di eventi miranti ad imporre una nuova “cortina di ferro” che limiterebbe in maniera drastica i rapporti ad ogni livello tra i partner europei e quelli russi. Una controffensiva che potrebbe contemporaneamente riaprire un terzo scenario, quello della Repubblica Moldava di Pridnestrovie, contesa dalla Romania – che ha ambizioni di conquista su tutta la Moldavia, e che potrebbe agire di concerto con gli ucraini, per chiudere a tenaglia la Transnistria. L’obiettivo del Presidente moldavo (di passaporto rumeno) neoeletto Sandu è chiaro: “liberare la regione dalla presenza del contingente militare russo e derussificare la Moldavia” esattamente come sta accadendo in Ucraina.
La Federazione Russa è pronta ad intervenire energicamente per salvare i propri concittadini nello spazio ex sovietico e al contempo salvaguardare i rapporti con l’UE? Una Potenza globale che agisce su più quadranti ha il dovere di risolvere questioni aperte da 30 anni, ovvero quando scelse (in maniera del tutto irresponsabile e inconcepibile) di sciogliere l’URSS e lasciare terreno libero ai suoi nemici secolari.

Luca Rossi
Segretario dell’Associazione Culturale Russia Emilia-Romagna